“Dai Pirgi antichi” all’Oasi di Macchiatonda, per salse e aperte spiagge etrusche.

“La fame caccia il lupo dalla tana” … così è stato oggi per molti Tibur’s che, digiuni di “trek, dopo un’estenuante ed interminabile calda estate, si sono “affacciati” al Piazzale del Tribunale di Civitavecchia, punto di ritrovo dei partecipanti. Ne é seguito, inusitato, un giorno gaio e piacevole. Oltre quaranta i presenti, tra cui tre bambini ed una signorinetta.

Per la verità i Trekker oggi sono stati ripagati dalla particolare mite e serena giornata, forse ultima coda dell’estate, e per la visita di luoghi dall’elevato contenuto storico e naturalistico.

L’escursione prende le mosse dal “castellare” di S.Severa, piccolo villagetto medievale ancora intatto, che mantiene vive le costruzioni di un passato, per nulla aggredito dalle false architetture della moderna cementificazione. Il suo aspetto quadrangolare, simile a quello di Rota, peraltro già particolare, stringe attorno un’area chiusa prospiciente il mare, culminante in un angolo nel Castello di Pyrgi, spettacolare anch’esso, posto presumibilmente su un antico presidio etrusco.

Ma il maniero con le sue torri, risulta ancora in fase di restauro, e Dio solo sa ancora per quanto, in compenso ciò che ci è stato mostrato all’interno del borghetto, ben commentato dalle competenti guide, Ivo e &, ha ampiamente ripagato la nostra sete di cultura

Oggi abbiamo potuto annotare quanta “ricchezza archeologica nascosta” circonda ancora la nostra terra etrusca malgrado stupri e saccheggi. Tante memorie storiche, le nostre radici, covano ancora anonime ed indefinite, sepolte sotto la madre terra, in attesa di dischiudersi e cominciare il racconto della storia dei nostri padri, forse qualcosa più di ciò che si conosce della loro lingua, e delle origini ancora piuttosto incerte del popolo etrusco.

Utile e proficua, quindi per etruscofili ed appassionati, l’odierna uscita! Una vera scoperta, per tutti noi, che oltrepassa di gran lunga il nostro immaginario collettivo. All’interno delle sale museali sono state allestite simulazioni dei vari aspetti e momenti storici di quello che è stato il “sito” di Pyrgi, dal paleolitico fino agli ultimi insediamenti. Ed ove presenti reperti sfuggiti al predominio delle Soprintendenze, si possono osservare esposti nelle bacheche, a corredo della documentazione, punte di frecce in selce od ossidiana, altri manufatti litici prettamente preistorici, prima che venissero valorizzate alcune pietre contenenti i primi metalli utili all’uomo. Successivamente in spazi espositivi, manufatti delle prossime età storiche, del rame, bronzo, ferro, ove i vari periodi, orientalizzante, arcaico, ellenizzante si dilatano in esse a seconda delle varie tendenze ed influenze esercitate.

Non presenti reperti del “villanoviano” e con questo non è detto che il periodo non fu qui manifesto. Numerosa l’esposizione di anfore in argilla, di varie dimensioni, dalle più disparate provenienze, fino a ciclopici doli. La coroplastica poi, che culmina con l’immagine del frontone posto sul tempio etrusco, a ricordare il mito dei sette a Tebe, ed altre “immagini” di opere tra cui spicca un efebo ed una testa femminile (Thesan Dea dell’aurora – Eos dei Greci) che richiamano chiari motivi scopadei e prassitelici. Non ultima di importanza, copia delle famose lamine d’oro recanti il dono di Thefarie Velianas alla Dea Uni, che aveva sicuramente culto nel santuario, assimilata alla dea fenicia Astarte. Le iscrizioni sono bilingui, redatte in etrusco e fenicio-punico, data la pacifica frequentazione del sito dei due popoli. Le epigrafi recano un messaggio del Lucumone di Caere alle divinità dei templi appartenenti a religioni diverse, ma rivolto agli innumeri frequentatori dell’area sacrale; i riti religiosi si dovevano svolgere quindi in comunione mentre ciascuno si rivolgeva alla propria divinità. La zona risulta, già dalla toponomastica, infarcita di siti punici (Punicum/S.Marinella) e sta a testimoniare la particolare fratellanza tra cartaginesi ed etruschi, entrambi discendenti da popoli pelasgici affini.

Significativo e molto interessante, il museo del mare, corredato da immagini e ricostruzioni didattiche, tra cui la realizzazione di una pompa di sentina etrusca, funzionante, madre di tutte le pompe nautiche, capace di estromettere notevole quantità di acqua imbarcata dalle navi. Il meccanismo grazie ad un ingegnoso sistema di dischi di legno, applicati su una corda che corre entro sigillati canali lignei, azionato da una leva (manovella) crea depressione interna, aspirando l’acqua dal basso verso l’alto per uno o due metri.

Rinvenute nel porto di Pyrgi, poste in rassegna, ancore etrusche in pietra, romane in piombo. Poi la ricostruzione scenografica di un naufragio di una nave oneraria romana, visto dall’interno della stiva, con la riproduzione di luci rumori: urla umane di comando, di disperazione; sibilanti raffiche di vento ed urlo della furia dei marosi, via via in intensificazione. Fino allo schianto del fasciame dell’imbarcazione sugli scogli.

Una perfetta ricostruzione del sito su un enorme plastico, mostra il porto di Pyrgi, l’esteso abitato etrusco, parte del quale sotteso ad abitazioni romane dopo la conquista dell’Etruria. I due templi e la cella loro frapposta ove sono state rinvenute, tra le altre cose, le lamine d’oro di Thefarie.

E durante la visita si ricorda il noto il saccheggio, del tiranno di Siracusa Dioniso I (384 a.C.), ai danni dell’area sacrale pirgense, che avrebbe fruttato, ben mille talenti d’oro, come racconta Diodoro Siculo. Mentre intorno, sulla costa, in una delle lussuose ville costruite dai romani morì Domizio, padre dell’imperatore Nerone, come ricorda Svetonio.

Terminata la visita alle sale museali, ci incamminiamo per Macchiatonda, prendendo di fatto visione delle emergenze dell’abitato romano, di quello etrusco. Uscendo dalle mura poligonali di difesa dell’abitato, osserviamo l’area marina del porto, ove affiorano alcuni tratti dell’antemurale, sfiorando i muri dei templi A e B. Ora percorriamo una meravigliosa spiaggia sabbiosa nera, su cui è difficile notare segni di antropizzazione. E qui, attratti dalla conformazione dunale risalente all’ultima glaciazione, ove numerosi candidi tronchi di pioppo portati in mare dalle piene dei torrenti, raccontano la loro storia, restiamo a bocca aperta di fronte alla miriade di multicolori gusci di molluschi, deposti dai flussi del mare lungo una interminabile spiaggia dall’aspetto primordiale.

E’ un lido paradisiaco, e se ne sono accorti alcuni nudisti, peraltro uno sparuto nucleo, che l’ha scelto come luogo di relax per quella discutibile tendenza. Malgrado ciò i loro corpi “adamitici” fanno una tal coreografia con il cielo, il mare e la scura sabbia, da ricordare una scena pittorica di scuola michelangiolesca. Ma al nostro sopraggiungere gli improvvisati modelli fanno giusto in tempo a coprire le nudità profonde, ma agli acuti osservatori non sono sfuggite nudità piuttosto allentate ed “obsolete” …!

E’ più o meno nei pressi che il nostro Lorenzo, non notando un filo spinato appena sporgente dalla sabbia inciampa e rovina al suolo. Il Nostro nel tentativo di porre in salvo il suo prezioso carico, le sue ingenti e costose apparecchiature fotografiche, poste a tracolla, impatta la caduta con un solo braccio. Si produrrà una frattura scomposta del collo dell’omero con distacco del trochìte braccio dx.

Lo stesso, attraverso queste righe, intende porgere ringraziamenti a quanti lo hanno potuto aiutare e sostenere nella circostanza, formulando inoltre scuse per il disagio e le preoccupazioni arrecate a tutti.

Sicuro di interpretare i sentimenti di tutto il Tiburzi, rivolgo a lui parole di conforto: “coraggio Lorenzo, amico sincero di mille escursioni. Per te una veloce guarigione ed un fausto ritorno in seno al Gruppo, rassicurandoti che non risulti affatto in debito con nessuno, semmai dovessimo fare i conti … Per te i tempi delle “Bucoliche non sono ancora terminati”.


Giungiamo nell’area di ristoro attrezzata, dove esplode tutto l’affetto che lega il Tiburzi. Ovunque, gran risate, ricordi e rievocazioni di precedenti escursioni. Racconti di fatti insoliti passati divenuti ormai mito o leggenda. Come quello del famoso paio di scarpe Timberland dell’anno 1985, così come la storia della scatola di pillole di “ferro” che hanno rifocillato uno dei nostri, tale agli spinaci per braccio di ferro. Ma neanche dimentichiamo una piadina frisbee che lanciata fece il giro dell’area sacrale di Luni senza perdere quota. Dopo il “lauto” pasto, i dolci, ed una economica pausa di buon caffè.

Nel pomeriggio partiamo per l’Oasi di Macchiatonda percorrendo due graziosi sentieri ricavati tra fitti arbusti ove, di quando in quando, sono posti capanni di avvistamento che si affacciano su stagni, ove fanno sosta, secondo precise regole di migrazione, varie specie di uccelli. Presente anche fauna stanziale. Mentre il sottobosco e gli stagni pullulano, a giudicare dalle tracce lasciate al suolo, di piccoli mammiferi, anfibi e rettili. Ma tutt’intorno è dominio dei cacciatori che, ogni anno, riducono sostanzialmente sempre più la popolazione faunistica sottoposta all’abbattimento. Incomprensibile la ferocia con cui si avventano, questi nostri consimili, contro le prede, e c’è qualcuno di questi che si definisce amico degli animali, selettore della natura!!!

Alle ore 17.00 circa, tra la soddisfazione generale per la giornata “riuscita”, dopo la spola delle auto, tutti ossigenati e pieni di effluvi del caldo sole con gli indumenti irrorati dai profumi salmastri di macchia mediterranea, partiamo per le nostre case, precipitando entro un silenzio domestico assordante, con gli occhi ed il pensiero rivolti agli echi, immagini e ricordi recenti.

“Pyrgi – qualche riferimento storico.

Situata nei pressi del castello medievale già proprietà degli Orsini - finito in seguito nell’immenso patrimonio del S.Spirito - viene indicata da antiche fonti storiche, come il principale porto di Caere (etr. Ceisra), cui era collegata da una “larga” strada, oggi scomparsa, di circa 13 chilometri, che transitava nei pressi di Monte Tosto.

Dell’abitato etrusco alquanto esteso, situato avanti il porto, non si hanno notizie, tutt’ora in fase di scavo. Mentre parte di esso giace inglobato sotto costruzioni medievali, un’area cospicua rimane ancora interrata.

La storia ci tramanda che Pyrgi fu fondata da popolazioni Pelasgiche (popoli del mare, etruschi e punici), così come Caere, centro egemone. Ma la vasta lucumonia cerite è preliminarmente inurbata da popolazioni appenniniche provenienti dai monti della Tolfa, cui si unirono popoli del mare, attratti dalle ricchezze del bacino minerario tolfetano. Il cospicuo commercio della lucumonia nel mediterraneo si svolgeva attraverso tre porti marittimi della costa (Alsium, Pyrgi, Punicum). La nostra Pyrgi sorge presumibilmente intorno al VII s. a.C., come piccolo centro portuale, in seguito subisce un notevole incremento urbano, data la necessità di un controllo della costa, dopo che i Focesi fondata Massalia (Marsiglia) intensificarono i propri commerci con il nord Europa, sottraendo scambi commerciali agli etruschi.

Nel VI secolo a.C. prende il via la costruzione di un imponente tempio a base greca, periptero, dedicato alle divinità Uni – etrusca ( cui attribuivano protezione delle nascite e delle città, la Giunone dei greci) ed Astarte (divinità fenicia legata alla fertilità, alla fecondità ed alla guerra). A fianco di questo un’area sacra intermedia, ove sono venute alla luce le famose lamine d’oro, mentre un altro tempio a pianta tuscanica, è posto in posizione speculare al primo. Quest’ultimo santuario diverrà uno dei più importanti del mediterraneo, dedicato al culto di Ilizia (dea minoica preolimpica, a volte associata per ipostasi ad Artemide, Era o Demetra) e Leucotea (la dea bianca come la spuma del mare ove da mortale si gettò, e fu trasformata in divinità, associata dai romani alla Mater Matuta). Mentre sono state trovate iscrizione etrusche che fanno riferimento oltre ai culti di Uni (Giunone), Tinia (Giove), Thesan (dea dell’aurora come la greca Eos) e Farthan ( dea della creatività, del genio). Mentre prossima ai due templi è emersa, di recente, un’ulteriore area sacra, in corso di scavo, epigraficamente dedicata a Suri-Apollo ed a Cavtha (divinità solare).

Molto probabilmente partì da Pyrgi la spedizione punitiva di Caere, composta da etruschi e cartaginesi, contro la flotta focese, che distruggerà avanti il mare Sardonio (battaglia navale di Alalia Corsica). Rei, i Focesi, di aver importunato e sottratto i traffici etruschi del mediterraneo. E sarà la stessa Pyrgi ad accogliere i cinquecento prigionieri che, poi, verranno lapidati e lasciati marcire accatastati sotto il sole, a monito dei nemici del popolo etrusco. Seguiranno in Caere periodi di carestia, uomini ed animali verranno colpiti da strane malattie. Per interpretare in senso divino tali catastrofi, i Ceriti si rivolgeranno all’oracolo di Delfi, ove possedevano una cella. La pizia pronunciò l’oracolo, tali fatti derivavano dall’empia strage di focesi operata dopo la battaglia del mare Sardonio. Soltanto istituendo in patria giochi ludici ed equestri associati a sacrifici, avrebbero potuto far cessare tutti i guai ceriti.

Una delle tante traduzioni delle lamine d’oro etrusche:

“Alla signora Astarte questo è il luogo sacro che ha fatto e che ha dedicato
   Thefarie Velianas, re di Caere, nel mese del sacrificio del sole come dono
    del tempio. E l’ho costruito perche Astarte ha richiesto ciò a me nell’anno
    terzo del mio regno, nel mese di Kerer, nel giorno del seppellimento della
    divinità. E gli anni della statua della divinità nel suo tempio (siano) tanti
    come queste stelle.”

(Tratta dal volume “Le città degli etruschi” Casa editrice Bonechi – Firenze)

vani' 15-10-2011


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